2010-2015
Il programma dell’ISAd si sviluppa a partire da un’analisi della realtà del territorio, che allo stato attuale presenta varie carenze e non pochi punti di debolezza.
Infrastrutture e collegamenti con l’altra sponda. È questo il vero problema irrisolto delle nostre zone costiere, che frena la crescita di città e regione lasciando ad Ancona e alle vicine Marche il ruolo centrale per gli scambi nel medio Adriatico. È soprattutto in quest’ambito che la politica e gli Enti territoriali vanno richiamati alle loro responsabilità. Si deve dar atto alla precedente Amministrazione Comunale di Pescara di aver capito che il futuro della città è affidato al mare e di aver fatto il possibile per ripristinare i collegamenti con Spalato che negli anni ’70 funzionavano a pieno ritmo con la motonave Tiziano. Tra 2004 e 2008, grazie ad una politica attenta alle esigenze dei cittadini, con opportuni incentivi e motivazioni si erano create le premesse perché una compagnia privata italiana e la principale compagnia pubblica croata riprendessero in considerazione Pescara quale terminale marittimo dei trasporti verso la costa dalmata; perfino una compagnia aerea si era mostrata disponibile e, utilizzando una rotta appropriata, aveva permesso di ridurre al minimo i tempi di percorrenza di uno spazio quantomai esiguo (meno di 100 miglia marine), per raggiungere la città che ci è dirimpetto. Questa reale “vicinanza” con l’altra sponda dell’Adriatico, che allora si poteva percepire in modo tangibile, si è però subito riconvertita in un divario incolmabile, da cui scaturisce quel senso di “lontananza” che qualcuno ancora lamenta. Oggi infatti non è rimasto che il collegamento via mare, limitato al mese di agosto: un collegamento utile solo ad un turismo di transito verso le spiagge della Dalmazia, che ha pochissime ricadute sull’economia pescarese. Potenziando infrastrutture e mezzi di comunicazione, la nostra città si proporrebbe invece come autentico epicentro dei rapporti transfrontalieri medioadriatici, così da poter sfruttare tutte le proprie risorse culturali e ambientali e avviare anche un turismo congressuale e di qualità.
Rapporto tra istituzioni pubbliche e imprenditoria privata. Va osservato che, per progettare concretamente il futuro di Pescara come città protesa verso il mare e vera anima delle relazioni interadriatiche, oltre che la volontà politica diventa di primaria importanza un rapporto “virtuoso” tra pubblico e privato. Nel nostro territorio sono presenti forze imprenditoriali di tutto rispetto e in particolare la nostra città ha di recente già conosciuto momenti di felice sinergia tra istituzioni e imprenditori “illuminati” che hanno prodotto decisivi passi in avanti anche nella riqualificazione urbana. Ma se ci si vuol aprire ai mercati dell’Est con qualche possibilità di successo e centrare pienamente l’obiettivo che sta a cuore al Presidente della Fondazione Pescarabruzzo, prof. Nicola Mattoscio, quello cioè di superare le barriere tra cultura ed economia, non è sufficiente puntare sulla formazione delle sole competenze “tecniche”; prima, è necessario formare nelle coscienze l’idea di appartenere ad una cultura comune, ciò che costituirà domani la base più solida anche per un mercato comune. È dalla cultura, dunque, che occorre partire, ed è alla cultura che gli imprenditori più “illuminati” dovrebbero guardare, perché sostenerla significa ottenere ricadute economiche non effimere, ma di lunga e permanente durata.
Ruolo specifico della cultura. In questo campo si rischia di vanificare quanto si è riusciti a costruire, con grande sforzo, in anni recenti, riannodando il filo di un discorso già avviato in passato con le Università e le istituzioni culturali della sponda dalmata, in primo luogo Spalato, città “sorella” e cuore della costa adriatica orientale, come Pescara lo è di quella occidentale. Particolarismo e scarsa sensibilità delle istituzioni mettono a repentaglio la mole di lavoro svolto per il progresso delle reciproche conoscenze e l’avanzamento della cultura italiana nei paesi dell’Est europeo. Grazie all’organizzazione di ben cinque congressi itineranti su tematiche relative alla comune area adriatica e in virtù della creazione di una rivista bilingue (“Adriatico/Jadran”) redatta a Pescara e Spalato, si è innescato un processo di avvicinamento che ha prodotto importanti risultati anche sul piano accademico, quali ad esempio la stipula di convenzioni internazionali e, ora, anche di programmi Erasmus tra le nostre Università e quelle croate. È iniziato un proficuo scambio di docenti che, grazie alla disponibilità di colleghi pescaresi, ha consentito tra l’altro alla Facoltà di Lettere spalatina di istituire una cattedra di Letteratura italiana nei corsi di laurea triennali e specialistici e di attivare un Dottorato di ricerca in Lingua e Letteratura italiana. La vivace ripresa d’interesse mostrata dall’Ateneo croato verso la nostra civiltà, che tra XIV e XIX secolo aveva permeato profondamente il tessuto culturale della Dalmazia, è il segno che intorno all’Adriatico ci sono già le basi per sviluppare un lavoro comune anche in altri settori. Purtroppo non altrettanto può dirsi dalle nostre parti, dove non si è creato un humus su cui alimentare il desiderio di conoscere lingua e letteratura croata. Si trascura inoltre ciò che potrebbe costituire una delle più grandi risorse per la crescita mentale e intellettuale della nostra città, che ha fame e sete di cultura, ma non trova la via per incanalarle verso un progetto identitario veramente qualificante. Si tenta maldestramente con D’Annunzio, dimenticando tra l’altro che la personalità dannunziana è indissolubilmente legata a radici “adriatiche” che prescindono dalle “gesta” eroiche e dalle odiose mire imperialistiche sul “mare nostrum”. Quello di D’Annunzio con il mare natio, come può ben constatare chi legga in modo non parziale la sua vastissima opera, è un rapporto profondo, che intrattiene strette connessioni con la ricerca di un’identità autentica e capace di scendere fino agli insondabili misteri dell’esistenza umana.
Traendo un bilancio, sia pur sommario, della politica culturale che si persegue, bisogna purtroppo registrare che, rispetto a tutte le altre regioni italiane affacciate sull’Adriatico, l’Abruzzo, pur essendo considerata capofila nella gestione dei fondi europei destinati alla “prossimità” con i paesi PAO, è quella più carente di progetti che ne connotino l’identità. Oltre alle Marche, nostre dirette “rivali” da sempre, non solo Veneto e Friuli Venezia Giulia (già da lungo tempo all’avanguardia in questo specifico settore), ma ormai anche Puglia ed Emilia-Romagna, con le loro iniziative sostenute da congrui investimenti, hanno oltrepassato di gran lunga la nostra regione, puntando in modo deciso e lungimirante su quell’idea di identità adriatica che, al contrario, in un’ottica inguaribilmente provinciale può suscitare solo malcelati sorrisini ironici.
Per scalzare tale provincialismo, le forze culturali abruzzesi che abbiano a cuore il vero sviluppo della regione devono intervenire con unità d’intenti, facendo sistema anche con la consorella regione molisana, allo scopo di elaborare grandi progetti che guidino i cittadini a prefigurarsi una visione più ampia, un profilo più alto di quello che hanno solitamente sotto i loro occhi.