L’ozio della Riviera
Quell’azzurrino, che spennella il cirro
Come uno sbuffo rosa o gridellino,
annuncia ancora al ladro ed allo sbirro
che viene un’altra notte di bottino…
Cala sulla città una caligine,
e sotto i lampioni delle piazzette,
dall’ombra, con dosi di vertigine,
già vanno spacciatori e zoccolette…
Ecco le facce medie, da squallide popstar,
fiorite sulle sedie del set d’ogni bar
della Riviera d’Adria, Mediterraneo hard,
d’ogni ebbrezza plaga, pista di trash e smart…
La grande luna schiarirà gli spassi,
e sugli spiazzi delle discoteche
il sabato ammasserà sfatti ragazzi,
poi li disperderà alle corse bieche…
Dal rombo dello sballo alle ambulanze,
che stridono al soccorso della notte,
più d’uno passerà, già ucciso o in trance,
né temerà mai più pagelle e cotte…
Nel fischio del garzone, che pedala
verso il bar che spalanca le persiane,
ribatte la domenica pagana,
che già pensa allo stadio e alle sue brame…
L’ozio della Riviera, è mar che sale,
tra il banale e il perverso delle trame,
l’ozio della Riviera è ondosa lagna
di rauca e sublime ninna nanna…
Oh, Giana Riviera, consumistica
California, diminuito infinito,
piccola Parigi, promontuosa e mistica,
con tutto il mondo in miniatura trito…
Qui, sopra il vino nero dell’asfalto,
con la luna di Giacomo, all’aurora,
la biscia dei tornanti sguiscia in alto,
sulla stesa d’argento che s’indora;
e come ai piedi sta l’umile malva,
il bianco critmo strapiomba alla riva
giù per le coste di ginestra gialla,
tra le balze di canne, in spuma viva…
Qui, dal braciere della costa nuda,
che sui vialoni rilampeggia e brucia
di fari e barconi, stelle alla fonda,
lumini e nomi sui portoni, cruda,
dove l’Italia nel piacere affonda,
nella foia drogata della folla,
bassa e lontana, romba la mattana,
tizzone di globi, rogo che sciama
e si risente la lezione forte
dentro l’aperto, dove l’arte morde…